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L'outlook della settimana. il punto al 28 ottobre 2025

Protezionismo e invecchiamento
Economia in bilico tra stagnazione demografica e transizione digitale

Dopo pandemia e crisi energetica, la ripresa globale procede a rilento: trainata inizialmente dalle importazioni statunitensi, dalla primavera si è invertita, colpendo le esportazioni europee. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio i nuovi dazi imposti dagli Stati Uniti e l’apprezzamento dell’euro (+13% sul dollaro da inizio anno) stanno erodendo la competitività dell’industria europea, pur senza effetti immediati sui prezzi. L’Italia, in questo contesto, ha mostrato una dinamica economica più debole della media europea: dopo un breve impulso invernale, il PIL si è ridotto dello 0,1% nel secondo trimestre — la prima contrazione da quasi tre anni — e i modelli previsionali dell’UPB indicano per il terzo trimestre una congiuntura stagnante. Anche la Congiuntura Flash di Confindustria rileva un indebolimento del manifatturiero e un’espansione moderata dei servizi, mentre l’incertezza globale e il dollaro svalutato continuano a pesare sulle esportazioni e sui consumi interni.

L’Europa tra ripresa e vulnerabilità

A livello europeo, la fotografia è complessa. I dati PMI Flash HCOB mostrano ad ottobre la crescita più sostenuta dei nuovi ordini da due anni e mezzo, segnale di un miglioramento congiunturale, accompagnato da un lieve aumento dell’occupazione e dalla stabilizzazione del lavoro arretrato. Tuttavia, la ripresa appare disomogenea e fragile. Inoltre nell’indagine BCE sull’accesso ai finanziamenti per le imprese, pubblicata questa mattina sul sito della Banca Centrale, si rileva un lieve inasprimento delle condizioni di prestito, mentre esigenze e disponibilità di finanziamento restano pressoché stabili.
Sul piano della finanza pubblica, Eurostat rileva un deficit medio dell’area euro pari al 3,1% del PIL nel 2024, in calo rispetto al 3,5% dell’anno precedente, ma con un debito in leggera risalita all’88,2% del PIL nel secondo trimestre del 2025. Valori che segnalano margini di bilancio limitati in caso di nuove turbolenze internazionali.

La progressiva estensione del sistema europeo di scambio delle emissioni al trasporto stradale, fra gli argomenti centrali al 10° Forum Internazionale di Conftrasporto, introduce poi un ulteriore elemento di pressione: dal 2027 il cosiddetto Ets2 potrebbe generare un aumento del 20% del prezzo del gasolio, con un gettito nazionale stimato tra 2 e 3 miliardi di euro. Un costo che si aggiunge a quello dell’accisa, già la più alta d’Europa, e che rischia di pesare sulla logistica e sulla competitività industriale.

Italia: freno demografico e ritardo digitale

Se a livello europeo l’equilibrio è incerto, l’Italia deve affrontare nodi strutturali importanti.
Il primo è demografico. Secondo i dati Istatnel 2024 le nascite sono scese a 369.944 (-2,6% sull’anno precedente) e la fecondità ha toccato il minimo storico di 1,18 figli per donna, con una stima provvisoria di 1,13 nei primi mesi del 2025. A ciò si aggiunge un progressivo invecchiamento della popolazione: le proiezioni al 2050 indicano un drastico calo della popolazione in età lavorativa, con effetti diretti sulla produttività, sul sistema pensionistico e sulla sostenibilità del welfare.

Un secondo nodo riguarda la struttura produttiva e l’imprenditorialità giovanileL’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio registra la scomparsa di quasi 200.000 imprese guidate da under 35 tra il 2011 e il 2024, un calo del 30,6% che penalizza soprattutto il Mezzogiorno. Se la quota di imprese giovanili fosse rimasta invariata, il PIL italiano sarebbe oggi tra i 49 e i 65 miliardi di euro più alto: un dato che lega direttamente la vitalità economica al ricambio generazionale.

Anche la trasformazione digitale procede con lentezza. Un recente studio Unioncamere mostra che solo il 58% delle imprese italiane è “digitalmente esperto”: le aziende che adottano tecnologie digitali mostrano una produttività superiore del 12% e una propensione all’export del 67% maggiore rispetto alle altre, ma il gap rimane ampio.

L’economia italiana — e con essa quella europea — resta dunque sospesa tra protezionismo e invecchiamento, in un equilibrio fragile che innovazione e coesione potranno rendere sostenibile.

 

 

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