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Fipe: rapporto Ristorazione 2023

Tra recupero e difficoltà: un settore affamato di (buon) lavoro

Il Rapporto Ristorazione 2023 racconta di un “rovesciamento” di fronte, poiché nell’anno appena trascorso abbiamo visto rivelarsi l’altra faccia della crisi post-pandemica: dalla crisi della domanda si è passati nel volgere di pochi mesi ad affrontare una crisi di costi. 

Dunque, pur avendo recuperato, -magari non completamente, ma piuttosto solidamente- i livelli dei consumi pre-Covid, l’impatto del forte aumento delle bollette (anche oltre il 200%) e, seppure meno intenso, delle materie prime, hanno messo a dura prova la tenuta dei conti economici delle aziende. Nel sentimento comune, anche a bar e ristoranti è stato imputato di contribuire all’inflazione, ritoccando al rialzo i listini. Tuttavia, come emerge dal nostro Rapporto, non può passare inosservata la circostanza per la quale la dinamica dei prezzi del settore è stata rilevata di oltre tre punti al di sotto di quella generale. Metà degli imprenditori dei Pubblici Esercizi dichiara, inoltre, di non aver alzato i prezzi. Questo tipo di scelta potrebbe avere diverse concause anche valide: l’impatto del contesto, la rilevanza della clientela tradizionale, l’efficientamento delle operations, nuove strategie di acquisizione della domanda basate sul costo. Tuttavia, rimane il dubbio che, sia nel caso di ritocco dei listini, sia nel caso della loro invarianza, la strada imboccata non sia sempre una scelta consapevole degli operatori, quanto -per molti- una tattica conservativa, fatta spesso per paura di perdere clientela che per giusta consapevolezza.

Quello dei Pubblici Esercizi rimane infatti un settore ad alto rischio: il turn over tra aperture e chiusure resta elevato così come sopra la media dell’economia generale rimane il tasso di mortalità delle imprese. Proprio questo mercato fortemente competitivo richiederebbe allora tanta più pianificazione, e non improvvisazione, elaborando modelli organizzativi che assorbano lavoro in modo più equilibrato e adatto al tempo che stiamo vivendo.

La discontinuità, l’aumento dei costi e il forte bisogno di nuove competenze, farebbe di questo periodo storico il momento giusto per il settore dei PE di fare quel salto di qualità da tempo auspicato, in tema di innovazione, marketing e gestione, intercettando trend, come lavoro da remoto, digitalizzazione, sostenibilità ambientale, che hanno cambiato usi e consumi degli italiani. E, se i problemi più scottanti sul tavolo dei PE sono tipici di questo mondo e, pur detonati recentemente, appaiono pur sempre “vecchie conoscenze” (pensiamo ad esempio alla debolezza strutturale su attrattività e produttività), le soluzioni vanno in qualche modo cercate fuori dai confini del settore stesso.

C’è infatti bisogno di investire per ammodernare locali, impianti e attrezzature, ma anche per accrescere la qualità del capitale umano che si traduce in maggiore qualità dell’offerta, in maggiore soddisfazione delle persone e, alla fine dei conti, in maggiori volumi di attività. Conforta certamente il fatto che nel 2022 l’occupazione del settore sia tornata quasi ai livelli del 2019, ma è difficile non osservare che il lavoro dei Pubblici Esercizi è un piano traballante dove risultano incerte sia le gambe della qualità, sia quelle della quantità dell’offerta di lavoratori. Dal lato della quantità, basti notare che, come emerge da queste pagine, quasi un’impresa su due ha effettuato almeno una ricerca di personale nel 2022 e due su tre hanno incontrato difficoltà di reperimento (8 su dieci nel caso dei bar).

Dal lato della qualità dell’occupazione, se il numero degli occupati ha recuperato, mancano all’appello quote di contratti a tempo indeterminato e fasce importantissime come giovani e donne, che hanno nel tempo qualificato il settore per capacità di inclusione e nuove energie. Rimettere al centro il lavoro di qualità e ripensare i modelli di business in termini di sostenibilità sono i due assi portanti di una strategia imprenditoriale per i prossimi anni che in questo 2022 potrebbe aver visto un momento di svolta.

Questo Rapporto lo registra e lo osserva attraverso i dati, con l’obiettivo -neanche troppo sottotraccia- di raccontare in modo esaustivo e più oggettivo possibile un settore complesso e spesso dibattuto, che tuttavia è tutto tranne che un fenomeno di costume, come talora viene classificato. La Ristorazione è -e rimane- intersezione tra filiere essenziali e sostanziali del Made in Italy e stile di vita delle comunità; e il suo racconto contribuisce a dare un punto di riferimento più solido all’economia del Paese.

Questo è vero sia che il racconto passi attraverso i numeri, come in questo Rapporto, sia che venga trascinato dai simboli, come è stato negli anni scorsi per la Carta dei Valori di FIPE, come sarà nel 2023 per la prima Giornata della Ristorazione. Numeri e simboli si uniscono dunque nella nostra azione di responsabile corpo intermedio, che ha l’onore e la responsabilità di rappresentare un settore ingrediente fondamentale della storia della società italiana e che ha tutte le carte in regola per apparecchiarne il futuro.

Lino Enrico Stoppani

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